N°18
UN GIORNO DI
ORDINARIA FOLLIA
La vita di Jessica O’Leary cambiò drasticamente un pomeriggio di settembre di un anno fa. Aveva convinto la sua amica Yvettea smettere con l’eroina e aveva deciso di andare a denunciare quel balordo del suo ragazzo, Darko, il capo di una gang chiamata War Dogs. Questi però non l’aveva presa bene e mandò alcuni dei suoi ragazzi per fargliela pagare. Cosa sarebbe successo quel giorno a Jessica, se quegli uomini le avessero messo le mani addosso? L’avrebbero riempita di botte, di certo. Forse l’avrebbero spinta alla tossicodipendenza, costringendola a bucarsi. Uno scenario da brividi. Ma per fortuna della generosa ragazza il fato, nei panni di un aitante ragazzo biondo, le aveva evitato questo destino. Clint Barton, meglio noto al mondo col nome di Occhio di Falco, decise di trasferirsi nello stesso palazzo di Jess e di prendere la ragazza (e l’intero quartiere) sotto la sua protezione. Da quel giorno la ragazza, fino ad allora abituata a vivere da sola e a diffidare del prossimo, aveva iniziato a sentirsi più tranquilla e ad allacciare una bella amicizia con il Vendicatore. In questo lungo anno Clint era diventato una presenza fondamentale nella sua vita e, sebbene continuasse a dirle di smettere, lei aveva preso l’abitudine di prendersi cura di lui ... facendogli la spesa, il bucato o pulendogli l’appartamento. Era il suo modo di ripagarlo: nei panni di Occhio di Falco Clint stava fuori per intere nottate a lottare per rendere le strade più sicure, rincasava ad orari impossibili, e quindi era molto complicato per luiaver cura della propria casa. Lo faceva per rendergli la vita più comoda, ma anche per stragli vicino e dimostrargli il suo affetto.
Quella mattina, come faceva ogni sabato, era entrata nel suo appartamento con in mano i sacchetti della spesa. Una volta dentro, avvicinatosi alle mensole e al frigo sentì lo scrosciare dell’acqua della doccia. Capì dunque che Clint era sotto l’acqua e ne approfittò per entrare nella sua stanza a raccogliere un po’ di abiti per la cesta del bucato sporco, ma quando entrò nella camera da letto rimase stupita nel vedere il suo amico che dormiva ancora profondamente.
Ma allora, chi c’era sotto la doccia?
La risposta arrivò pochi istanti dopo, quando Maya Lopez, coperta solo da unasciugamano, entrò nella stessa stanza.
<Oh... ciao. Scusa ma non ti ho sentita entrare... sai, il mio udito...>
<Ah si giusto... tu sei ... non udente. Scusa ma è difficile per me ricordarlo ... parli talmente bene ...>
<Grazie. Ma dimmi avevi bisogno di Clint? Vuoi che lo svegli?>
<Oh no! No ... no, stavo solo ... gli ho fatto un po’ di spesa. Sai lui è sempre così occupato ...>
<Sei molto gentile. Avevo giusto un po’ di fame... posso preparare qualcosa. Ti unisci a noi?>
<Uh no, non posso proprio, mi dispiace. Io... sono molto occupata, stamattina. Anzi, devo proprio scappare.> disse dirigendosi alla svelta verso la porta.
<Ciao...> fece appena in tempo a dirle Maya vedendola uscire.
Jessica entrò nel suo appartamento e rimase per quasi un minuto con le spalle alle porta, fissandosi la punta delle scarpe.
<Che stupida sono stata> disse di se stessa, amareggiata. <Come ho potuto pensare, anche per un solo istante, di avere avuto un possibilità di .... che illusa. Sono stata davvero una sciocca. Sapevo che prima o poi avrebbe trovato una fidanzata. Era inevitabile. Cosa avrebbe potuto trovarci, in una come me?> Triste e sconsolata, si diresse nella sua camera.
Altrove.
La posizione di questa base militare è nota a pochi. Non proprio l’area 51, ma comunque difficilmente raggiungibile, se non da pochi addetti ai lavori. Il camion che si stava recando verso di essa, in ogni caso, portava lo stemma dell’esercito americano e dunque era il benvenuto. Il soldato Winston, di turno alla sbarra d’ingresso, si avvicinò al finestrino, chiedendo al conducente le credenziali per accedere nel complesso. Non si aspettava di vedere una maschera simile ad un enorme “smile” giallo che lo fissava negli occhi.
Fu l’ultima cosa che il soldato Winston avrebbe ricordato.
Dopo per lui ci furono solo colori, suoni, sensazioni fino a quel momento sconosciuti, legati ad un’euforia che neppure l’alcool o le droghe erano in grado di provocare. Si mise a ridere di gusto a squarciagola, impugnò il mitra e iniziò a sparare in aria.
Gli uomini a bordo del mezzo che avanzava nel cortile della base vivevano la stessa ebbrezza. Gli altri soldati accorsi per gli spari vennero travolti dalla folle corsa del camion, che sfondò la parete dell’ingresso principale.
La portiera si aprì e ad uscirne era un buffo figuro che indossava un costume giallo con una manica e una gamba e strisce rosse e nere. Portava un cappello largo e un mantello, entrambi viola.
<GOO GOO GA JOOB! Siamo arrivati! Ok mammalucchi, sapete cosa fare. Caricate il camion mentre io mi occupo dei nostri ospiti …> e così dicendo tirò giù dal sedile una macchina telecomandata e un radiocomando. Si mise a smanettare con le levette direzionali della macchinina quando la scarica di un mitra lo colpì al petto.
<L’hai preso?> chiese il comandante al suo uomo.
<Si signore, centrato in pieno. Bersaglio neutralizzato.>
La figura mascherata però si rialzò in piedi.
<Oh guarda che roba... non appena sono piombato qui mi avete impiombato! AH AH AH AHAHAHAH!>
<E’ ANCORA VIVO! FUOCO!> un’altra raffica di proiettili attraversò il suo corpo ma stavolta l’uomo mascherato rimase in piedi.
<Serve ben altro per stendere Madcap, ragazzi. Però non mi piace farmi impallinare. Perché non provi a vedere quello che si prova?> i suoi occhi cominciarono a brillare di una luce sinistra e il soldato che aveva sparato, in preda all’estasi e all’euforia, voltò e aprì il fuoco verso i propri commilitoni.
<Bravo, molto bravo! Non ti senti molto meglio, amico mio??> disse sorridendo.
Riprese a giocare con la macchina telecomandata e la mandò in direzione di un altro gruppo di militari che si stava dirigendo verso di lui ma dopo qualche metro il giocattolo esplose, uccidendo i soldati.
<AH AH AH AH AH AH AH! Davvero una corsa esplosiva!!> rideva di gusto Madcap, vedendo lo scempio di quei corpi. Poi tornò a rivolgersi verso i suoi uomini.
<Allora bambini ... avete preso quello per cui siamo venuti?>
<S-Si ...> si limitò a rispondere uno di essi, con un sorriso ebete stampato sul volto.
Lui gli fece una carezza, come fossi un cucciolo o un infante. <Bravi, davvero molto bravi. Possiamo andare.... oh, e avete sistemato il nostro regalo di addio?>
<Si... si certo…>
<Oooooooooooooh ma che bello…> si voltò verso lo squarcio della parete e schiacciò il detonatore che aveva in mano. Altri esplosivi scoppiarono il quell’istante, facendo crollare su se stessa l’aria est della base. Madcap se ne rimase lì a ridere, ignorando i detriti e le fiamme. Poi salì sul camion e sgommò via.
Qualche giorno
dopo.
Il Metropolitan Museum of Art di New York è uno dei più famosi ed importante musei del mondo. La sua collezione contiene più di due milioni di opere d'arte, suddivise in diciannove sezioni. Per questo motivo è tappa fissa per tutti gli amanti delle belle arti che vengono nella Grande Mela. Ma quest’oggi questo prestigioso luogo di capolavori ospita eccezionalmente quello che è all’unanimità reputato il più famoso quadro del mondo: la Monna Lisa di Leonardo da Vinci, in prestito dall’altrettanto famoso museo del Louvre. Un occasione più unica che rara per i newyorkesi di poter ammirare l’enigmatico sorriso della Gioconda. E Maya Lopez non aveva nessunissima intenzione di lasciarsela scappare. Aveva praticamente obbligato il suo neo fidanzato Clint Barton ad accompagnarla e dopo parecchie ore di fila era quasi arrivata alla sala dove il capolavoro era esposto.
<Vedrai che ti piacerà, e così la smetterai di lamentarti, brontolone che non sei altro…>
<Ma si si, sono certo che sarà un’esperienza stupenda, eccezionale etc... ma che palle doversi fare quasi due ore di fila per andare a vedere il quadro di una tizia seduta…>
<Clint Barton, sei davvero un.... bifolco ignorante! Stiamo parlando della Gioconda! Scommetto che per andare a vedere uno stupido incontro di baseball o il concerto di qualche rock band di capelloni saresti stato in coda senza fiatare...>
<Lo sai cosa dobbiamo fare? Procurarti un costume. In questo modo, potremmo venire qua nei panni da supereroi e passare per via preferenziale...>
<No giura... usi la tua tessera di Vendicatore per non fare la fila?>
<Beh non è che lo faccio sempre però è capitato qualche volta che…>
<Dai! Ma è un abuso! Come puoi parlare seriamente? Io .... MICHAEL!> esclamò sorpresa. Davanti a lei, elegante come sempre, aveva fatto la sua comparsa Michael Manfredi. I due non si vedevano dal giorno dell’esplosione dell’appartamento di lei.
<Dio Maya... sono felice di vedere che stai bene!> disse il giovane italoamericano, abbracciandola<Mi hai fatto stare in pena maledizione! Non sapevo dov’eri, come stavi.... niente! Ma ero certo che se stavi bene non ti saresti persa l’occasione di vedere la Gioconda... >
<Scusa Mike è che.... non potevo contattare nessuno. Era tagliata fuori. Ma adesso va tutto bene, è tutto finito. Io.... anzi noi, abbiamo risolto la cosa. Tu ti ricordi di …>
<Certo che me lo ricordo.> rispose Mike stringendo al mano a Clint.
<Beh colgo l’occasione per ringraziarti per quella volta.... mi avete letteralmente salvato la buccia...> disse Barton.
<Oh non occorre che mi ringrazi.... il merito è tutto di Maya. E’ stata un idea sua. >gli rispose, poi tornò a rivolgersi alla donna.
<Maya, credo che tu mi debba delle spiegazioni. Mi hai fatto stare parecchio in pena.... quella fuga dall’ospedale poi ... io…>
Non riuscì a terminare la frase perché un assordante rumore di pale d’elicottero riempì l’aria e pochi secondi dopo un commando di uomini armati mandò in frantumi la vetrata soprastante e da lì si calò dentro al museo. Madcap atterrò per ultimo, con incedere teatrale.
<Paparapappapà, eccomi qua! Buona sera New York! Io sono il caos, il disordine, la follia.... io sono Madcap, veri credenti! E sono qui per illuminarvi! Voi siete qui per ammirare il celebre sorriso di questa tardona italiana.... ma perché, vi chiedo, quando è il vostro sorriso a dover essere celebrato? Io sono qui per rendere voi delle opere d’arte e per eclissare quella tela ormai vecchia come il cucco ... >
E mentre tra la folla si scatenava il panico e il terrore alla vista del pazzo mascherato che proseguiva il suo folle monologo, Clint e Maya preparavano la loro controffensiva.
<Non so chi sia quel tipo ma è fuori come un balcone. Dobbiamo fermarlo. Ce la fai a coprirmi il tempo che mi serve per raggiungere il parcheggio e recuperare arco e frecce?>
<Certamente. Non permetterò a quello sciroccato di rovinare la Monna Lisa. Vai, ti copro.>
<Sono con te Maya. Posso aiutarti, io …>
<No sta indietro Mike. E’ pericoloso.>
<Non trattarmi con condiscendenza, non sono un ragazzino!>
<Ascolta, non voglio discutere. Non sei ancora pronto.> e così dicendo la ragazza avanzò lentamente in direzione di Madcap e degli uomini armati. Afferrò la sciarpa caduta a qualche visitatrice e se l’avvolse attorno alla bocca e sul naso, cercando di mascherare i propri lineamenti. Mike rimase in disparte, impossibilitato a continuare la conversazione, dato che lei gli dava le spalle e non poteva leggerne le labbra, ora arricciate in un espressione rabbiosa.
Madcap rivolse il suo sguardo verso la folla e tutti quelli che incrociarono i suoi occhi iniziarono a dare di matto e a scatenarsi, rivolgendo le loro malsane attenzioni verso quella parte di persone rimaste immuni dall’ipnotismo, incluso il povero Michael.
Anche Maya venne travolta dall’orda di gente inferocita, e si sforzò di proteggersi senza far troppo del male a quelle persone, inconsapevoli delle loro azioni.
<AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH!! Bravebravebrave le mie scimmiette …ora invece veniamo a noi…>
Fece un segno ai suoi uomini e questi aprirono dei barattoli di vernice di vario colore e intingendo le mani in questi iniziarono a deturpare alcune delle opere esposte nella sala. Dopo aver ammirato la sua opera, Madcap si avvicinò pericolosamente al famoso dipinto.
<OOOOOH MIA CAAAAAAARA... ma come siamo pallide. Mettiamo un po’ di rossetto su quelle labbra...>
Fortunatamente, Occhio di Falco arrivò giusto in tempo per evitare che al quadro di Leonardo venisse applicata della vernice.La confusione che s’era creata impediva a Falco di avvicinarsi al criminale. Doveva sfoltire la folla; allora incoccò alcune frecce a gas soporifero e le scagliò verso la calca di persone che si accapigliavano fra di loro. La nube mise a dormire in pochi istanti tutte le persone che inalarono il gas. Adesso aveva la visuale un po’ più libera e potè intravedere ilsuo bersaglio.
Mise mano alla faretra e con un tiro preciso quanto rapido, con una freccia shock colpì Madcap alle spalle, in mezzo alle scapole, proprio un istante prima che le sue dita colme di vernice imbrattassero la preziosa tela e la scarica elettrica lo mise apparentemente KO.
Convinto di averlo messo fuorigioco, Falco gli si avvicinò, nel tentativo di immobilizzarlo, ma non appena gli fu vicino il pazzo si sollevò da terra, colpendolo con una testata. Barton imprecò.
<Woopie!Un’esperienza elettrizzante! Sei un elettricista?> domandò ironicamente Madcap.
<No deficiente! Sono quello che ti porterà in una cella imbottita... stai giù, se non vuoi che ti faccia vomitare i denti ...>
<Oooh vomitare i denti! Forte! Immagino che prima debba ingoiarli però... ma perché non li assaggi prima tu?> e gli si avventò addosso con una forza insospettabile per un uomo di taglia medio -piccola come lui. Clint lo evitò con un’abile mossa di judo che lo ribaltò a terra. Ma grazie al suo fattore rigenerante Madcap non ne risentì minimamente.
<Sta giù coglione! Sei già in un mare di guai, te ne rendi conto? Ma che cazzo credevi di fare venendo qui eh?>
<Ma non lo capisci? E’ proprio questo il senso... il non avere senso! Nessuno scopo, solo agire... e reagire!>
Il criminale lo caricò nuovamente e Falco evitò che le sue mani raggiungessero la sua gola. Lo colpì al mento con l’estremità del suo arco, poi al torace con un calcio. Madcap crollò a terra, fulminato da quella micidiale combinazione, ma si rialzò pochi istanti dopo, sistemandosi la mascella slogata con le mani. Si udì uno strano rumore di ossa che si muovevamo.
<Cavoli, non scherzavi quando dicevi quella cosa dei denti... senti che roba!> disse ridendo, non mostrando il minimo dolore per la manovra compiuta.
<Dio sei veramente inquietante... > disse Occhio di Falco, incredulo per quanto aveva visto.
< Disse l’uomo vestito di viola. Tu credi di essere normale? La normalità è nell’occhio di chi guarda, Occhio di Falco... e dimmi, tu cos’è che vedi?>
Ancora una volta gli occhi di Madcap iniziarono a luccicare. Falco non riuscì a distogliere lo sguardo e finì anch’egli per finire sotto ipnosi. Tutt’a un tratto sentì la testa incredibilmente leggera, un’incredibile senso di euforia lo travolse e improvvisamente nulla conto più.
<AH
AH AH AH AH AH AH!!!>
Iniziò a compiere acrobazie da saltimbanco proprio come un acrobata che si esibisce al circo.
<Ecco, il Falco ha preso il volo uh uh uh uh uh uh.... e ora, bella signora, dove eravamo rimasti?> esclamò Madcap mentre si voltò nuovamente in direzione del quadro.
Gli si avvicinò minaccioso quando fu Maya a tagliargli la strada.
<Non ti avvicinare. Non sognatelo neppure.>
<Sognare... già sognare! Che bell’idea che hai avuto ...> cercò di ipnotizzare anche la ragazza ma lei fu rapida ad evitarne lo sguardo e a colpirlo, prima al volto con un pugno e poi con un calcio gli spezzò un ginocchio. Era lui che aveva scatenato quel pandemonio, e andava fermato. Ma ancora una volta quell’uomo così stranamente vestito non avvertì nessun dolore. Nessuna reazione, nulla. Si rialzò ridacchiando e si rimise in piedi; la gamba spezzata si raddrizzò come se non fosse mai stata colpita. Il suo potere rigenerante era incredibile.
<Wippie hippie ye! Ti piace ballare eh! E allora balliamo... che ne dici della zumba?>
Le saltò addosso, cogliendola di sorpresa e costringendola con la schiena a terra.
Il volto dell’uomo mascherato era a pochi centimetri da lei. Era palese il suo intento: voleva ipnotizzarla e rendere anche lei una squilibrata. Maya con la mano destra cercava disperatamente qualcosa con cui colpirlo per evitare quel fato. Fortunatamente, incappò in una delle frecce di Occhio di Falco e con un gesto istintivo quanto disperato gliela infilò in un occhio; si trattava di una freccia – acido e il liquido che ne fuoriuscì iniziò a corrodergli il volto. Maya lo colpì all’addome con una pedata, scrollandoselo di dosso. Madcap cadde a terra sghignazzando divertito, mentre il suo viso sfrigolava come una friggitrice.
<Non ce la farò mai da sola>pensò <Per sconfiggerlo mi serve l’aiuto di Clint.>
Ma lui era ancora completamente assorto nel suo raptus d’euforica follia. Era salito sulla spalle di una replica del David di Michelangelo e a fare l’imitazione di King Kong, picchiandosi i pugni sul petto. Maya si rese conto che era completamente andato come il resto della folla e che in quello stato non poteva essergli di nessun aiuto. Allora la ragazza ebbe la brillante idea di raggiungere un idrante antincendio e pensò bene di utilizzarlo su Clint e il resto della gente ipnotizzata. Il getto d’acqua travolse Barton e lo fece cadere a terra. Stessa sorte capitò a tutti quelli investiti dall’idrante. Lo shock provocato ebbe l’effetto sperato e Falco, scrollando la testa, iniziò lentamente a riprendersi. Gli sembrava di aver sognato, si sentiva come un dopo sbornia. Maya corse immediatamente da lui.
<Clint? Stai bene?>
<Dio ho la testa che mi scoppia ... d-dov’è lui?>
<E’ là, steso a terra. Mi serve il tuo aiuto per fermarlo definitivamente …>
<Lì... dove?>
<Lì non lo .... oh!>
Ma il pazzo criminale non era più dove lo aveva lasciato. S’era ripreso e arrampicandosi sulla scaletta, aveva attraversato il lucernario sul tetto era tornato a bordo dell’elicottero che lo aveva portato lì, solo che a causa del suo handicap Maya non lo aveva sentito.
I due rimasero a guardarsi intorno. La sala era completamente sottosopra. La gente che cominciava a riprendersi, presa dall’imbarazzo e dalla vergogna. Molti erano gli infortunati. Diverse opere esposte lì erano state imbrattate, ma per fortuna la Monna Lisa di Leonardo era rimasta illesa.
Un’ora dopo.
Sede dell’FBSA di New York.
<N-Non potete capire. Nessuno ha mai fatto un’esperienza simile. E’ come essersi fatti d’ecstasy, o di peyote... è come se non avessi nessuna preoccupazione al mondo, come se potessi fare qualsiasi cosa. E la sua voce... la sua voce diventa l’unica cosa che conta. Ti entra dentro la testa, capite... lui dice una cosa e il tuo corpo lo fa. Non senti la fatica, il dolore, il freddo.... niente! Senti solo euforia, gioia... ti senti eccitato come mai nella vita. Immaginate il vostro momento di maggior entusiasmo, la vostra gioia più grande, moltiplicatela per cento ... e neanche allora avreste idea di quello che abbiamo passato.>
Tutti dicevano la stessa cosa. Come un’esperienza extracorporea. Era il terzo dei soldati plagiati da Madcap a venire interrogato ma la sua testimonianza coincideva con quella degli altri suoi colleghi. Pure i civili presenti al museo, interrogati dai federali, avevano rilasciato la stessa dichiarazione.
<Vi confermo ogni parola> disse Occhio di Falco all’agente Del Toro e al direttore Freeman <Ti svuota la testa e la riempie di allucinazioni, suoni, sensazioni che non avevo mai provato.>
<Si e questa è l’unica cosa che siamo riusciti a stabilire con certezza.> disse il direttore <Nessuno sa darci benché minimo indizio su di lui. Appare dal nulla, attacca una base militare e ruba un arsenale e un elicottero, oltre a rapire un manipolo di soldati scelti. Dopo di che, fa irruzione in uno dei più famosi musei del mondo, scatena un pandemonio, rovina alcuni quadri provocando danni per milioni di dollari e sparisce nel nulla... e nessuno sa niente di lui! Niente nome, niente precedenti ...>
<Ah ci tengo a precisare che la Fondazione Maria Stark intende accollarsi i costi per il restauro delle opere d’arte.> precisò Occhio di Falco.
<Buono a sapersi.> rispose Angela <Senti Falco, ma non avete nulla nel vostro archivio dei Vendicatori che può esserci utile?>
<Niente di niente. Madcap è un enigma anche per noi. Lo abbiamo fatto rinchiudere un paio di volte, ma non sappiamo nulla di più di quanto vi ho già detto. So che bazzicava Coney Island, tempo fa. Terrò gli occhi aperti, sentirò se qualcuno sa qualcosa su di lui. Se avrò notizie, vi faccio un fischio.> disse congedandosi.
Quello che combinò Madcap andò sulle pagine di tutti i giornali. Lo scempio compiuto al Metropolitan non era certo passato inosservato; nei giorni successivi non si parlava d’altro. Il Daily Bugle gli dedicò otto colonne della prima pagina. Ultimamente a New York sembrava vi fosse una gara tra criminali per chi terrorizzasse maggiormente gli abitanti della città. Prima lo Spaventapasseri e quei bambini rapiti. Poi la nube tossica scatenata da Mister Fear [Devil # 55], la stazione di polizia fatta saltare in aria da un pazzo sconosciuto e infine il colpo di Madcap al Metropolitan. I newyorkesi erano terrorizzati, e non si poteva biasimarli. E si che ne avevano viste, di tragedie, nel corso degli anni ... bisognava evitare il panico, tentare di rassicurarli facendo sentire la presenza delle forze del’ordine nelle strade.
Per questo motivo, il nuovo Capo del dipartimento di polizia, Adam Lane (da poco nominato, quasi un segno di rinnovamento dopo lo scandalo del Vice Capo Philip Brady, arrestato per i suoi legami con la malavita [Cage # 4/5]) organizzò una conferenza stampa dove, con voce ferma, dichiarò che la reazione delle forze dell’ordine non si farebbe fatta attendere.
<<Quello che
è accaduto al Metropolitan è inaccettabile. E’ solo
per un fortuito caso che non ci sono state vittime. Quel criminale, quel Madcap, si è reso artefice di un atto che va ben oltre il
vandalismo. Ha attaccato uno dei simboli della nostra città e stava per
deturpare uno dei patrimoni dell’umanità intera. Questo ... pagliaccio del caos
ha reso i nostri cittadini simili alle bestie. Con quei suoi ... trucchi, ha
trasformato persone pacifiche e laboriose in bruti senza cervello interessati
solamente a soddisfare il oro più bassi istinti. Senza cultura, senza ordine,
che cosa diventiamo? New York è stanca di essere preda di questi... stupratori
della morale e dell’ordine. Per questo ordino la “tolleranza zero” verso questo
genere di criminali mascherati, in primis verso questo “Madcap”.
L’ordine è di sparare a vista. Non permetteremo a questi terroristi mascherati
di turbare il sonno dei nostri cittadini. Noi diciamo “Basta!”.>>
Nel suo attico, anche Michael Manfredi ripensava all’accaduto. Lui era stato un testimone oculare di quella follia. Non era stato uno di quei poveri sventurati che era stato reso pazzo dallo sguardo ipnotico del criminale, no; lui era stato uno di quelli che venne ferito da quella folla inferocita ed incontrollabile. Il tutto mentre Maya e il suo nuovo “amico” lottavano per salvare la situazione. Non era il lieve infortunio a procurargli dolore, ma il sentirsi surclassato dal suo nuovo rivale in amore.
<Come si può competere con un supereroe? Per quanto in gamba io possa essere, per quanto mi alleni o mi impegni finirò sempre per fare la figura del pivello. Lui e Maya sono un coppia molto affiatata: coraggiosi, sprezzanti del pericolo, in grado di fare acrobazie che atleti olimpionici. Che può fare il figlio ribelle di un boss della mafia che mr Vendicatore non possa fare meglio? > pensava sconsolato. Si sentiva frustrato, geloso, umiliato. Un mix di emozioni negative gli attanagliava il cuore. Maya non lo avrebbe più guardato come prima.
<Però quando quell’arciere era nei guai è venuta da me, a chiedere il mio aiuto... > esclamò sbuffando.
Da quella volta al mattatoio [nel # 11]Mike aveva preso in considerazione l’idea di combattere il crimine. Era stato fantastico liberare Occhio di Falco e combattere contro quei farabutti. Da allora aveva preso lezioni di combattimento da Maya, e questo li aveva avvicinati. Ma evidentemente ora non era abbastanza per impressionare al ragazza, ora che “l’impavido eroe” era entrato nella sua vita.
Imprecò. Non vedeva come uscirne. Era come se un ragazzo che gioca nella squadra di basket del suo liceo volesse sfidare Michael Jordan in un uno-contro- uno. Troppo grande il divario. Come poteva colmare quel gap?
Base dei
Vendicatori.
Occhio di Falcos’era recato all’archivio dei Vendicatori spulciando il dossier di Madcap in cerca di qualche indizio utile per scoprire il suo rifugio. Con lo Spaventapasseri aveva funzionato, dopotutto. Ma non è sempre Natale, e questa volta invece sembrava decisamente improbabile riuscire ad avere la stessa illuminazione. Su Madcap non c’erano che un pugno di informazioni, tutte legate ai suoi precedenti scontri con supereroi – pochi, per di più – ma nessun indizio sui suoi trascorsi. Nessun nome, nessuna occupazione, niente. Si diceva che bazzicasse Coney Island qualche tempo prima, per questo motivo nei giorni successivi a quanto accaduto Falco e Mayaerano andati in giro per il quartiere a fare domande, ma nessuno sapeva nulla sul conto di quel pazzo. Eppure Clint era convinto che, in qualche modo, quel tizio stesse ancora lì. Lasciare il proprio rifugio in cerca di un posto più sicuro era la cosa più sensata da fare... proprio per questo motivo, per la sua logica, era un azione che Madcap non avrebbe mai compiuto. Entrare nella testa di quello psicopatico non sarebbe stato per niente facile. Come ragiona un tizio che ... non ragiona? Eppure una certa logica, per quanto bizzarra, nelle sue azioni doveva esserci. Bisognava solo “decodificarne” il senso. Ma come?Mentre l’arciere rifletteva, arrivò Edwin Jarvis con un vassoio di crab sandwich e della salutare spremuta d’arancia.
<Che ne dice di una pausa, signore?> chiese il maggiordomo.
<Uh si Jarv... grazie. Mi ci vuole proprio... mi sta fondendo la testa.> rispose Clint addentando il tramezzino.
<E’ il tizio che ha causato tutto quel trambusto al museo, dico bene?>
<Esatto. Pazzo come pochi... un vero cretino. Totalmente fuori, te lo dico io. Sto cercando di capire come trovarlo ma sto sbattendo la testa contro un muro. E’ un dannato enigma di cui non riesco ad arrivare a capo.>
<Cosa sappiamo di lui, signore?>
<Nulla. Gli piace mascherarsi da buffone scatenare il caos. Ha una specie di sguardo ipnotico che ti rende totalmente folle. Inoltre, è impossibile fargli del male. Ha un potere curativo in grado di ripristinare qualsiasi danno provocato. Oltre quanto ti ho detto, non abbiamo nulla.>
<E’ un po’ poco in effetti ...>
<Eh, e che t’avevo detto? E roba tosta... non è facile entrare nella testa di uno schizzato ...>
<Capisco. Certo padron Clint, mi piacerebbe se talvolta lei riuscisse ad immedesimarsi in una persona ordinata. pulire rientra nei miei doveri, ma dove mangia lei rimane sempre un disastro...> disse il maggiordomo, raccogliendo le briciole seminate da Barton.
<Uh scusa. Hai proprio ragione, sono un vero disastro, perdonami.>
<Ah ho visto di peggio> rispose sorridendo Jarvis <deve vedere la stanza di padron Ercole. A volte sembra davvero una discarica ... anche se un po’ lo capisco... voglio dire, credo che millenni fa si usasse così, nell’antica Grecia. Inoltre è pur sempre un semi dio, quindi presumo che non tema la sporcizia e tutto ciò che essa comporta ...>
<Non teme ... la sporcizia.... cacchio, Jarv, sei un genio!!!>
<Prego?> domandò il maggiordomo, sorpreso.
<Dio, sei un vero mito!> gli rispose Clint abbracciandolo <Giuro, la prossima volta che si vota per scegliere il presidente dei Vendicatori, farò il tuo nome!>
Saltò in piedi, afferrò arco e faretra e corse via verso l’uscita.
Jarvis rimase basito.
<Spesso le reazioni dei miei padroni sono indecifrabili... anche dopo anni di servizio …>
Fu come l’uovo di colombo, per Falco. Alla fin fine, era davvero semplice. Certo bisognava verificare tale teoria, eppure sentiva di aver fatto ancora una volta centro. Un uomo indistruttibile, che non ha nulla da temere, dove potrebbe nascondersi? La risposta alla fine gli fu chiara come la luce del sole: le fogne. Un posto lugubre disgustoso, dov’è totalmente impensabile pensare di trovare civiltà. Dunque solo lui era tanto pazzo da andarci. E di certo grazie al suo dannato fattore di guarigione, non doveva temere malattie o infezioni. Si, le cose stavano così. Dovevano stare così.
Così una volta tornato a Coney Island, Occhio di Falco fece una cosa che nessuno uomo sano di mente – salvo che non fosse un operario addetto agli spurghi – farebbe mai: scendere spontaneamente nelle fogne.
Si calò nel tombino e il fetore che gli pervase le narici era insopportabile.
<UGH! Cacchio che schifo ... mi viene da vomitare.... se è là sotto, giuro che gliela faccio pagare...>
Avanzò lungo in fetido condotto, con l’arco teso e una freccia al lightstick incoccata, che illuminava il suo cammino. Il silenzio e il buio erano inquietanti.
<Dio, spero che quella faccenda dei coccodrilli sia solo una leggenda metropolitana ... non sopporterei di schiattare in una fogna... >
Andava avanti alla cieca. Anche ammesso che la sua intuizione fosse esatta, le fogne di New York non erano certo facili da pattugliare. Stava proseguendo verso la parte Nord... e se si fosse trovato in direzione opposta, per esempio? Ma da qualche parte bisognava pur cominciare. In questo tipo di indagini bisogna andare a tentativi, e non sempre ci si azzecca.
Eppure, forse questa era una di quelle volte positive: in mezzo a tutta quella melma disgustosa riuscì a distinguere quella che sembrava un’orma di scarpa. Avvicinò il lightstick al terreno ed ne ebbe la conferma. La puzza dei liquami gli provocava la nausea, ma Falco si sentì esaltato alla vista di quel’indizio. Le tracce proseguivano per qualche metro.
<Ci siamo...> pensò dentro di se. Quello che sembrava essere un salto nel vuoto s’era rivelata una brillante deduzione. Si sentiva soddisfatto di se. Ora non rimaneva che inchiodarlo.
Procedeva passo dopo passo in direzione delle impronte, teso, pronto a scoccare. Puntava dritto davanti al suo naso.
Senza però guardarsi le spalle. D’altronde, era lui “il cacciatore” e non la preda... non si aspettava di venire braccato. Eppure le cose andarono proprio così: Madcap lo assalì alle spalle, cogliendolo di sorpresa.
<Pop pop fizz fizz!Che magnifica sorpresa! Che ci fai tu qui?>
Il mantello coprì la faccia di Falco, impedendogli la visuale.
<Dannazione! Non... riesco a....>
Perse l’equilibrio e cadde in mezzo a quella fanghiglia maleodorante. La risata diabolica di Madcap riecheggiava nel condotto. Il tanfo lo soffocava. Il mantello gli avvolgeva la testa.
Cieco, sordo e senza fiato. Il tutto mentre il suo avversario lo percuoteva con il suo stesso arco.
Non c’era modo di difendersi o rispondere ai colpi, ma solo di soccombere.
Occhio di Falco cadde nell’agguato di Madcap. Rimase a terra, disteso in mezzo a quella nauseabonda melma, completamente alla mercè di un’imprevedibile avversario. ...
Continua….
Le Note
Ritornano i titoli
presi dai film: quello di questo mese è tratto da uno molto famoso, interpretato
da Michael Douglas del 1993 (Falling Down in
originale); l’ideale, visto il criminale protagonista di questo mese.
Madcap, il cui vero nome è sconosciuto, è
l’ennesima creazione di quella fucina
di idee che era Mark Gruenwald, inventato sul numero 307 di Captain America del luglio 1985. Sulle sue origini mi dilungherò nel
prossimo episodio. Posso solo anticiparvi che questo buffo personaggio, con un
fattore di guarigione in grado di fare invidia persino a Wolverine, è stato
spesso usato come macchietta comica, ma io intendo utilizzarlo in un modo decisamente
più drammatico, come avete visto in questo suo esordio, dove ha attaccato una
base militare e messo sottosopra il più grande museo di storia di New York.
In sottofondo, avete
assistito alle reazioni di Jessica O’Leary e Michael
Manfredi alla scoperta della relazione tra Clint e Maya. E’ inutile dirvi che
avranno delle conseguenze in questa nostra serie.
Nel prossimo numero, Madcap darà ancor più di matto, e tutta New York vedrà i
frutti della sua follia!
Non ci credete? Non
vi rimane che aspettare e leggerlo, per crederci!
Carmelo Mobilia.